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Anch’io ricordo anchora  

C’è un uomo nella Bassa sui settant’anni che si chiama Pietro Ghizzardi ed è un grande uomo. Ma da parecchio prima che cominciasse a dipingere e a far parte della trinità padana dei naifs, Ligabue, Rovesti e lui. La pittura non c’entra per il tipo di grandezza cui mi riferisco, essendo grande perché ha sofferto grandemente, perché è stato umiliato grandemente e nelle pagine di questo libro con qualche accento profetico domanda: « Fino a quando continuerete a fare questo?».
Io lessi le sue memorie quando erano in boccio e dissi: « Corro subito ad abbracciarlo ». Poi non corsi ad abbracciarlo, passò del tempo, si dimentica, questa è la vita, e si onora purtroppo più facilmente un artista che un uomo.
Lo incontrai dopo la prima mostra luzzarese dei naifs al pranzo invernale dopo la mezzanotte, diventato ormai rituale, tutti avevamo trovato il nostro posto a tavola e Ghizzardi no. Ricordo ancora che se ne stava in piedi in un angolo con la paura di disturbare, sdentato, il paletò abbottonato male.

Cesare Zavattini
Introduzione a Mi richordo anchora, Einaudi, 1976

Pietro Ghizzardi (1906-1986) 

Pietro Ghizzardi (1906 – 1986) è stato un pittore e scrittore irregolare ad oggi annoverato tra i maggiori del panorama italiano ed europeo.

Qui è possibile ascoltare la sua biografia sul sito di RE-R Radio Emilia-Romagna a cura di Vittorio Ferorelli.

1906 
Pietro Ghizzardi nasce alle sei del mattino del 20 luglio 1906 a Corte Pavesina, sita nella frazione di San Pietro di Viadana, in provincia di Mantova.
I genitori, Antonio e Maria Flisi, sono contadini fittavoli.
Il padre, quando nasce Pietro ha quarant’anni e lo denuncia all’anagrafe con il doppio nome di Pierino Dante.
E’ il secondo di tre fratelli, Marino il più vecchio e Amabilia, la più giovane.

1911 
Pietro disegna con un tizzone spento del focolare (‘una carbonella’) una Madonnina sul muro davanti al suo letto. Ha solo 5 anni, questa può considerarsi la sua prima opera d’arte purtroppo perduta. Il disegno non viene apprezzato e la madre sgrida severamente Pietro per avere imbrattato l’intonaco. Ma, ciò non serve a distoglierlo dal suo ‘gioco’ preferito e con il carbone del camino si diverte a tracciare figure di animali sui muri e i pavimenti di casa sua.

1918
Fa la prima Comunione, dopo avere saltuariamente frequentato le scuole elementari fino alla terza. La sua salute è debole.

1919
A tredici anni, come spiega nell’autobiografia Mi richordo anchora, ha per così dire, il primo contatto con l’arte, rimane affascinato dalla maestria di un vecchio disegnatore di cifre in stile gotico sulla biancheria per la dote delle signorine. Pietro osserva l’anziano che si chiama Rodolfo, e cerca di imitarlo.
Nel corso degli anni ’20 i “San Martino”, i trasferimenti, sono molteplici, a causa della condizione di contadini fittavoli della famigli, nel mantovano a Salina, Cogozzo, Cicognara, di nuovo Salina e Pomponesco.

1920
La famiglia si sposta sulla riva reggiana del Po, stabilendosi all’Oratorio di Zambone, presso Poviglio.
In quell’anno Ghizzardi passa dall’eseguire dalle cifre gotiche a schizzare forme del volto, disegna nasi, menti, bocche, si sofferma, in particolare sugli occhi.

1930
Sono di quest’anno i primi dipinti murali di Ghizzardi, nei vecchi cascinali della Bassa. Dipinge la prima donna che colpisce la sua fantasia di uomo semplice: Carolina Invernizio. Nella galleria dei suoi personaggi c’è pure il Pontefice e la maestra dell’Oratorio. Fa quadri di grandi dimensioni che appende alla finestra della sua camera e sotto il portico di casa perché i passanti li possano ammirare.

1931 – ’32
La famiglia finisce in un podere ai confini fra Poviglio e Brescello: poi si ferma a Santa Croce di Boretto, dove ora la nipote Nives Ghizzardi, ha costituito la Casa Museo Al Belvedere “Pietro Ghizzardi”. D’ora in poi il suo habitat diventa la Bassa Reggiana. Boretto in particolare. Pietro continua a dipingere ed a lavorare nei campi. Crede fermamente nelle sue qualità di pittore, solo la sua tenacia e la sua forza interiore gli permettono di continuare. Fortunatamente i giudizi della gente non lo interessano. Da vero ‘espressionista padano’ esprime coi colori fatti d’erbe e sostanze naturali ciò che sente, ciò che prova, ciò che vede cogli occhi dell’anima e della mente. Il successo arriverà più tardi. Ma non è questo che il pittore-scultore e scrittore cerca.

1961
Riceve il primo riconoscimento ufficiale alla mostra d’arte ‘Città di Guastalla’: una sua opera viene premiata con medaglia d’oro. Ghizzardi con gli stivaloni ed il cappotto, stretto da un tabarro, il cappello ornato di piume, con diverse tele legate alla meno peggio dietro alla schiena si presenta in Comune per partecipare alla mostra. L’addetto a ricevere i quadri risponde seccato ‘Qui non s’accettano i giramondi, gli straccioni!’ e lo caccia. Ghizzardi poi ci ripensa, si ripresenta, spiega da chi è stato mandato e finalmente le sue opere vengono accettate per essere esposte in mostra. Erano le più belle.

1965
Il regista Michele Gandin gira per la Film Luce il documentario Ghizzardi Pittore Contadino, con commento di Leonardo Sinisgalli. Il documentario verrà trasmesso nei cinematografi di tutta Italia.

1968
Alla mostra nazionale dei NaÏfs ‘Città di Luzzara’ riceve la medaglia d’oro del Presidente della Repubblica. Ormai Pietro è conosciuto, amato e rispettato, ma lui rimane sempre uguale, non cambia né carattere né modo d’abbigliarsi. Nello stesso anno viene premiato con l’oro alla mostra internazionale di grafica contemporanea a Vignola (Modena). I critici d’arte e non solo loro iniziano ad accorgersi di lui.

1969
Dipinge il ciclo d’affreschi di Villa Soliani-Pini (Casa Falugi), una residenza di caccia edificata nei primi anni del secolo scorso,durante il periodo napoleonico. La Casa si trova nel centro storico di Boretto.

1973
Ghizzardi viene premiato con medaglia d’oro al premio Fratelli Branca a Concordia di Modena.

1976 
Arriva il successo pieno. L’autobiografia Mi richordo anchora a cura di Gustavo Marchesi e Giovanni Negri, con nota introduttiva di Cesare Zavattini viene pubblicata da Einaudi nella collana Gli Struzzi, sotto l’egida del leggendario editor Daniele Ponchiroli.

1977
Mi richordo anchora vince il premio letterario Viareggio Opera Prima per la narrativa. Ghizzardi ormai è un grande per il largo pubblico, di lui parlano le cronache, è famoso. A Boretto continuano a trattarlo con semplicità, per tutti è il Pietrone, il paese lo ama, lo stima e lo tratta con benevolenza ed affetto.
L’intellettuale Angelo Guglielmi definisce Ghizzardi in una delle sue opere più importanti Il piacere della letteratura (1981) “analfabeta ma scrittore”, formula che riproporrà, a proposito dell’autore, anche nel recenste Il romanzo e la realtà (Bompiani, 2010).

1978
Gian Vittorio Baldi, già collaboratore e produttore di Pier Paolo Pasolini e Robert Bresson, gira per il ciclo di documentari RAI “Le memorie, gli anni” il documentario Mi richordo anchora. Conversazione con Pietro Ghizzardi, prodotto da e trasmesso su Rai Uno.
Frammenti del libro Mi richordo anchora vengono incisi su un disco dall’Ariston, in una collana dedicata alla cultura popolare, a cura di Giovanni Negri con musiche di Giancarlo Nalin.

1980
Viene edito da Vanni Scheiwiller a Milano il secondo libro di Ghizzardi: A Lilla quatro pietre in mortalate a cura di Giovanni Negri e Gustavo Marchesi.

1983
Dipinge casa Morelli a Parma, dove campeggia un’ultima cena che occupa un’intera parete oltre ad un grande ritratto di famiglia. Vince l’oro al premio di pittura ‘Trofeo d’Arte’ a San Benedetto Po (MN) .

1984 – ’85

Nello stesso anno l’autobiografia dell’artista viene ridotta per una rappresentazione teatrale a cura di Enzo Robutti e Gustavo Marchesi. L’opera è messa in scena dalla compagnia del Collettivo di Teatro Due di Parma con la regia di Gigi Dall’Aglio. Il debutto avviene al Teatro Due nella città ducale e lo spettacolo viene poi replicato nei maggiori teatri italiani: il Teatro Tassoni a Bologna, Teatro dell’Orologio a Roma e il Teatro Piccola Commenda e il Teatro Verdi a Milano.

1985
La rivista FMR dedica un ampio reportage alla Cappella Sistina della Bassa, Casa Soliani-Pini (Villa Falugi), interamente affrescata da Ghizzardi nel 1969.

1986
Il 7 dicembre di quell’anno Pietro Ghizzardi muore a Boretto. Il suo funerale viene svolto secondo le sue volontà, riportate anche in una memorabile pagina di Mi richordo anchora: la bara è trasportata al cimitero su un carro agricolo del 1904, utilizzato per le cerimonie e le processioni, trainato da un cavallo, prestato dal figlio dell’amico Ennio Bigliardi.
Sempre nel 1986, curati da Giovanni Negri escono, per i Tipi Pivetti di Mirandola, due inediti letterari dell’artista dal titolo: giugliètta e romeo in quei tempi lontani e il bambino di viareggio rapito.

Hanno scritto di lui e per lui: 

Renato Barilli Marzio Dall’Acqua, Raffaele De Grada, Mario De Micheli, Vittorio Erlindo, Angelo Guglielmi, Anatole Jakowski,Renzo Margonari, Lando Orlich, Vittorio Sgarbi, Franco Solmi, Giancarlo Vigorelli, Cesare Zavattini.

Le sue opere sono esposte nei seguenti musei e gallerie: 

– Casa Museo Al Belvedere ‘”Pietro Ghizzardi”, Boretto (RE)
– Galleria d’Arte Moderna Ricci Oddi, Piacenza
– Museo Nazionale delle Arti Naïves ‘Cesare Zavattini’, Luzzara, Reggio Emilia
– Galleria Civica d’Arte Moderna, Modena
– Mo. Ca. di Montecatini Terme (PT)

– Musée d’ Art Naïves de l’llê de France, Vicq, Francia
– Musée Vieux Chateâu, Laval, Francia
– Musée International d’Art Naïf Anatole Jakowsky, Nizza, Francia
– Museum of Naive Art, Zagabria, Croazia
– Sammlung Charlotte Zander, Schloss-Bönningheim, Bönningheim, Germania
– Setagaya Art Museum, Tokyo, Giappone




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