Pietro Ghizzardi è ormai un affermato esponente dell’arte irregolare e si susseguono le sue mostre personali in giro per l’Italia, dai piccoli ai grandi centri, in gallerie private e musei pubblici, e anche all’estero, in particolare in Francia, Germania ed Inghilterra.
Nel 1973 Ghizzardi viene premiato con medaglia d’oro al premio Fratelli Branca a Concordia di Modena.
L’artista si apre in questi anni alla sperimentazione con i colori a tempera e ad olio, che finalmente può permettersi e che impiega a fianco di quelli che continua a produrre da sé, e inizia a lavorare sui grandi formati, particolarmente paesaggistici o dedicati a scene di caccia.
Il ritratto rimane il genere più praticato, eseguito spesso su commissione o dietro spontanea proposta di “modelle”, amiche, conoscenti, parenti o semplici curiose o appassionate che si presentano alla casina chiamata dal pittore “la picccola galleria” – fotografata, tra gli altri, da Gianni Berengo Gardin proprio in quegli anni, mentre si trovava nella Bassa per realizzare con Zavattini Un paese vent’anni dopo (1976) – per venire raffigurate.
In questo decennio l’interesse per la scrittura – praticata a partire dalla prima metà degli anni ’60 – ed il suo esercizio aumenta fino quasi a sovrastare quello per la pittura: dalla fervida e ricchissima produzione manoscritta di Ghizzardi i due giovani professori Giovanni Negri e Gustavo Marchesi, coadiuvati da Daniele Ponchiroli, storico editor di Einaudi, traggono il materiale per Mi richordo anchora autobiografia dell’artista pubblicata nel 1976 dalla casa editrice torinese, con prefazione di Zavattini, e vincitrice, nel 1977, del Premio Viareggio Opera Prima per la narrativa.